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Dantedì - Echi e Suggestioni sull'onda di Dante - "L'Annunziata, scritta e scolpita"

giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri




Echi e Suggestioni sull'onda di Dante



"Tra Cielo e Terra. Il Piacere di rileggere Dante" - Video rubrica promossa dall'Università del Salento, a cura di Walter Leonardo Puccetti


"L'Annunziata, scritta e scolpita", Raffaele Casciaro (Video)

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Gabriella Sartor Zanzotto


Il titolo Tra cielo e terra”, dato alla video rubrica dell'Università del Salento sulla Divina Commedia, è di grande impatto emotivo: evoca un cammino lungo una via in cui avviene uno straordinario incontro fra il cielo e la terra, in un clima di speranza, di attesa e di gioia serena, di cui avvertiamo l’esigenza, specialmente in questo difficile periodo.

Il verso da cui esso è tratto è il 38’ del canto XXIII del Paradiso – un canto che si apre in un’aria di grande attesa: nel Cielo delle Stelle Fisse, che si va illuminando in modo straordinario, al di là di ogni capacità percettiva, immaginativa e comunicativa, dove si attende un fatto nuovo e più splendente, portatore di gioia.

C’è in quel canto un’aria di presentimento di fatti sublimi, in mezzo ad una grande luminosità, difficile da descrivere. Allora, Dante ci viene incontro, teme in noi l’agguato del disorientamento, la difficoltà nell’individuare la fonte di luce, di metterne a fuoco l’immagine celata. Così, attinge all’archivio prezioso delle esperienze umane, quelle che ciascuno di noi può aver sperimentato con le proprie risorse senso-percettive, quelle desunte dalla meraviglia della Natura, creatura di Dio.

Il Poeta, osservatore attento alle meraviglie celesti ed insieme narratore capace di far tesoro delle esperienze terrene, ricorre ad una stupenda similitudine, figura retorica a cui ama ricorrere. Riferendosi ad una nostra conoscenza diretta, quella della luna piena nella notte stellata, riesce ancora una volta a superare la difficoltà percettiva e comunicativa ed a vincere sulla ineffabilità, rivelandosi capace di descrivere un’esperienza altrimenti indescrivibile.

Ecco, la similitudine, nella quale domina una straordinaria luminosità, un largo diffondersi di luce, che infonde un senso di gioia crescente e di grande pace: come durante le notti serene di plenilunio, in mezzo alle stelle che illuminano il cielo in ogni sua parte, la luna risplende su tutto, così, in quel cielo delle Stelle Fisse, c’è un grande sole che emana una luce così intensa e vasta, da propagarsi fra le migliaia di anime. La luminosità è intensa, al di là dell’immaginazione, ma, tra l’infinità di luci che punteggiano il cielo stellato, avviene il suo trionfo, il trionfo del Sole: in quella luce si cela la natura umana di Cristo. L’intensità luminosa non è sostenibile e Dante ha un cedimento. Lo soccorre la voce dolce di Beatrice, pronta a rassicurarlo: nessuna forza, gli dice, può sostenere l’intensità di quella luce, poiché in essa sono compresenti la sapienza ed il potere di Cristo, grazie alle quali furono riaperte le strade fra cielo e terra.

“Quivi è la sapienza e la possanza
ch’aprì le strade tra’l cielo e la terra,
onde fu già sì lunga disianza”

Paradiso XXIII, vv. 37-39

Sono più di sette secoli che l’opera di Dante genera emozioni, suscita interessi molteplici, a partire anche da vari punti di vista, stimola dibattiti, fornisce materiale prezioso per una conoscenza sempre più ampia ed approfondita non solamente delle opere sue, ma anche del contesto politico, sociale, religioso, culturale ed artistico in cui il Poeta si è formato ed è vissuto.

Vorrei soffermarmi su un interessante contributo offerto dal professor Raffaele Casciaro nell’ambito della video rubrica “Fra cielo e terra” dell’Università del Salento, “L'Annunziata, scritta e scolpita”.

Il professore, Direttore del Dipartimento di Beni Culturali, docente di Museologia, di Critica Artistica e del Restauro, di UniSalento, si è inserito in questo importante dibattito, nelle giornate 2020 sulla Divina Commedia, portando l’attenzione degli studiosi e degli appassionati di Dante su una tematica, poco frequentata, fino ad ora, rispetto ad altre.

Si tratta di un’analisi comparativa tra poesia e scultura nel Medio Evo, con particolare riferimento a Dante, poeta dell’Annunziata ed agli scultori Nicola e Giovanni Pisano. Alle opere di questi ultimi, presenti nel Duomo e nel Battistero di Pisa, sono particolarmente legata, poiché ad esse mi sono accostata presto dal vero e con interesse crescente, nel tempo, essendo pisana di nascita ed avendo vissuto in quella città per numerosi anni.

Perché è di grande interesse l’oggetto degli studi del relatore?

Credo che si possa convenire su un fatto, senza la minima intenzione di critica negativa nei confronti di studiosi, sulle cui pagine mi sono formata ed ai quali sono grata.

Studi sul rapporto fra la poesia di Dante e le arti figurative sono stati affrontati e condotti da molti di loro, che hanno accentrato, in modo rigoroso nei contenuti e nel metodo, la loro attenzione, soprattutto sul rapporto tra Letteratura ed Arte ed in particolare fra Dante e Giotto. Ne è emersa la chiara individuazione di una condivisa maniera di rileggere l’eredità artistica del passato e di un bisogno, più o meno forte e continuo, di rinnovamento dell’arte.

Sono recenti ed ancora pochi quelli dedicati al rapporto poesia-scultura. Risale al 29 novembre 2015 ed è stato riproposto il 17 novembre 2017 da parte della Accademia Nuova Italia un interessante contributo di Francesco Lamendola dal titolo “Dante, nella Divina Commedia, opera come un pittore o uno scultore con le immagini agenti”. Da segnalare la mostra inaugurata il 13 gennaio 2020 nell’aula magna del Liceo “Da Vinci” di Pescara intitolata “Il Purgatorio di Dante – tra Letteratura, Scultura, Immagini” curata dal prof. Franco Nembrini.

Qui, l’attenzione del professor Casciaro è stata posta sulla scultura in generale e su quella gotica, in particolare, a cui è stato dedicato un meeting di recente. Vari artisti, come Nicola e soprattutto il figlio Giovanni, autore di varie opere, fra cui spicca il pulpito nel Duomo di Pistoia, al quale lo studioso si riferisce, si sono imposti per un’ inedita e crescente umanizzazione dei volti, dei corpi e dei gesti, stilemi fin ad allora sconosciuti ed anche per una nuova e coraggiosa ricerca di espressioni realistiche, di assoluto interesse, trattandosi di rappresentazioni sacre, in cui veniva ricercata ed espressa una certa fissità, in grado di esprimere la ieraticità dell’Eterno.

Durante la conferenza, partendo dalla descrizione del bassorilievo dell’Annunciazione, facendo riferimento anche a quello della Natività, è stata ben sottolineata in entrambi una sorprendente vitalità. “La scena mostra un’intensità, una vivacità nell’angelo annunziante e nella Madonna, che s’inseriscono nella ricerca della scultura gotica”, ha affermato testualmente nel suo intervento.

Il contributo si è arricchito attraverso la messa a fuoco delle caratteristiche stilistiche dei bassorilievi realizzati dal padre, Nicola Pisano, nel 1260, quindi, 40 anni prima, nel pulpito del Battistero di Pisa, in cui le figure, pur perseguendo già un cauto obiettivo di movimento, risultano essere ancora composte, statuarie e rivelare l’influsso delle composizioni marmoree dei sarcofaghi, poco suggestionate dall’anelito di animazione delle figure che poi, come dimostrato dallo studioso, ha trovato la sua sorprendente realizzazione nelle opere scultoree del figlio Giovanni, del quale è stata ricordata anche la Madonna con bambino realizzata per gli Scrovegni, “un’opera che non sembra tacere”, come ha riferito.

Il professor Casciaro ha letto alcuni versi danteschi, nei quali ha sottolineato una sorprendente adesione al reale dell’episodio narrato; sono versi che illustrano il primo dei tre bassorilievi, quello dedicato all’Annunciazione:

“ L’angel che venne in terra col decreto
de la molt’anni lagrimata pace
ch’aperse il ciel del suo lungo divieto,
dinanzi a noi pareva sì verace
quivi intagliato in un atto soave,
che non sembiava imagine che tace.
Giurato si saria ch’el dicesse Ave!”

Purgatorio X, vv. 34-40


La realtà diventa fonte d’ispirazione in entrambi gli ambiti, in quello della scultura di Giovanni Pisano ed in queste terzine di endecasillabi, dalla musicalità dolce in cui prevalgono significanti dai suoni brevi, come “pace”, “soave”,”tace”, serenità, immagini delicate, assenza di fragori, desideri così nutriti sulla terra, e poi, quel magico e simbolico suono “ave”, che ci sembra di sentire.

La pace, la leggerezza, il silenzio, l’accoglienza della volontà divina, il dialogo sereno caratterizzano la scena: c’è l’eterno e c’è l’umano, il divino ed il reale.

Sono i canti X e XII del Purgatorio, infatti, quelli in cui viene individuata e dichiarata da Dante stesso l’origine della sua ispirazione, cercata e raggiunta nell’osservazione della realtà.

Naturalmente, è sempre da tener presente che la concezione dell’arte nel Medio Evo non è autonoma, ha una finalizzazione religiosa, pedagogica, etica, civile. Tale funzionalità è riscontrabile nella Divina Commedia, scritta per comunicare un determinato mondo di significati e di valori, religiosi e civili. Ma, anche la storia umana ha la sua dignità ed ogni forma di vita è degna di essere osservata e descritta. Dio ne è il Creatore, ha creato la Natura. Desiderio e compito degli artisti: tentare di imitarla e descriverla.

Allora, diventa possibile accostare lo scultore Giovanni Pisano ed il poeta Dante, indagarne i punti di contatto, supporre un’analogia spontanea e nutrita della medesima congerie culturale, come ha sostenuto il docente nel suo intervento.

Si può pensare ad una probabile familiarità di Dante con la scultura del suo tempo, alla conoscenza personale di Giovanni Pisano, presente a Pistoia dal 1297 al 1301, come ci dice il Vasari, che parla di un lavoro della durata di 4 anni. L’autore dell’intervento ha ritenuto possibile considerarla.

In ogni caso, anche senza la conoscenza diretta, non è difficile trovare analogie tra gli obiettivi di vitalità, di espressività di gesti colti nel reale, legati al tempo, sia da parte dello Scultore che da parte del Poeta .

Il linguaggio realistico con cui Dante rappresenta gli esempi di umiltà nei tre bassorilievi di questa prima cornice è collegabile a quello con cui sono stati realizzati i bassorilievi dell’epoca, con particolare riferimento a quelli che ornano il pulpito del Duomo di Pistoia di Giovanni Pisano. L’autore nel suo intervento ne ha fatto una lettura attenta, che ha coinvolto lo spettatore per la vastità delle conoscenze, per il rigore delle argomentazioni e per la chiarezza del linguaggio, nutrito di terminologia specifica.

Ci è stato presentato un Dante curioso di ogni espressione culturale, anche contemporanea, ed interessato al linguaggio scultoreo, su cui in genere non si è soffermata con il medesimo spazio l’attenzione dei critici.

I bassorilievi realizzati dal coevo Giovanni possono essere stati ammirati anche personalmente da Dante, alla ricerca di ispirazione per rendere più carica di espressività la narrazione del suo viaggio ultraterreno. L’arte non era concepita svincolata da significati allegorici, etici, anagogici, come Dante stesso ha sostenuto nel Convivio e nella lettera di dedica a Cangrande Della Scala.

Però, all’espressività, al realismo Dante non rinuncia mai. Nella mente di tutti noi campeggiano come statue tanti personaggi che ha incontrato, basti pensare a Virgilio, a Ciacco, a Farinata, al Conte Ugolino, ad Ulisse, a Catone, a Belacqua, a Manfredi, a Nino Visconti, a Sordello, per citarne solo alcuni.

Ad ascoltare l’intervento del professor Casciaro sul rapporto di Dante con l’arte scultorea, mi sono ricordata alcune frasi che avevo letto e che mi avevano colpito, durante un mio soggiorno in Francia, pronunciate dallo scultore Rodin, autore della scultura Il Pensatore, di fronte a cui mi ero fermata; le parole erano queste: “Dante non è solamente un visionario e uno scrittore; è anche uno scultore. La sua espressione è lapidaria, nel senso buono del termine. Quando descrive un personaggio, lo rappresenta solidamente tramite gesti e pose. Ho vissuto un intero anno con Dante, vivendo di nulla, se non di lui e con lui...” GABRIO PIERANTI August Rodin, Les funambules de l’affection: Maitres et disciples, Università Blaise Pascal, 2009.

Queste sono le parole di Rodin che Pieranti ha scelto di citare, per ribadire quanto con il linguaggio poetico Dante sia riuscito a dare forme, volume, intensità di espressione e capacità comunicative alle figure presentate. La conoscenza della sua opera, acquisita con la mente e con il cuore, permise a Rodin di stabilire un profondo legame con il Poeta, dai versi del quale scaturì l’ispirazione che lo portò a realizzare tre opere scultoree:

“La porta dell’Inferno”;

“Francesca da Rimini”, intitolata poi “Il bacio”;

“Il pensatore”, inizialmente chiamato “Il poeta”, colto in meditazione, davanti alla porta dell’Inferno.

Tutta la Divina Commedia ci mostra Dante artista visivo e gli esempi calzanti a dare forza a questa particolare aggettivazione sono numerosi e disseminati nelle tre cantiche.

Lo studioso Raffaele Casciaro si è soffermato su quelle terzine, dedicate al primo bassorilievo che mostra ai superbi, con il consueto contrappasso, esempi di umiltà. Esse gli hanno consentito di sostenere il parallelismo tra poesia e arti figurative, con particolare attenzione al rapporto fra il linguaggio poetico e quello scultoreo.

A questo proposito, lo studioso è stato capace di individuare i versi che rendono calzante il parallelismo, dimostrando una forte analogia nella cultura dell’epoca, degli obiettivi perseguiti e delle rese stilistiche adottate.

Il canto X del Purgatorio presenta Dante e Virgilio che a fatica si arrampicano lungo un sentiero stretto che li conduce alla prima cornice del monte, costituita da una piccola zona pianeggiante, larga circa cinque metri, che gira tutto intorno. Sono in quel luogo i superbi, costretti a portare sulle spalle macigni pesanti e quindi a guardare in basso, loro che in vita vollero tenere alta la testa. Come di consueto, per eliminare il residuo di tendenza peccaminosa ed essere degni di procedere nel loro cammino salvifico, alla punizione inflitta alle anime purganti, Dante associa la visione di episodi esemplari, gli exempla. Essi erano frequenti nel medio Evo, venivano offerti dalle parole dei predicatori, dagli affreschi delle chiese e da bassorilievi, che si trovavano, come nei casi di cui parla il professor Raffaele Casciaro, sui pulpiti delle cattedrali di Pisa e di Pistoia. Nella prima cornice, appunto, sulla pavimentazione ci sono bassorilievi marmorei scolpiti con arte sovrumana, divina.

Il canto preso in esame coi i versi dal 28 al 45, sei terzine, presenta la scena dell’Annunciazione, in cui la Vergine accetta umilmente la volontà divina, attraverso le parole dell’angelo, che l’ha scelta come madre di Cristo.

Dante esalta la bellezza dei bassorilievi, sono stupendi perché Artefice è Dio: le figure di marmo suscitano una grande meraviglia, sono così realistiche da dare sensazioni visive ed uditive, da farle sembrare vive, l’angelo appare parlante.

La scena dell’Annunciazione ha sempre affascinato gli artisti: ci sono capolavori ispirati a questo tema. Nell’incontro con il professor Casciaro, è emerso un valore, che va al di là del significato artistico e religioso, pur sentito con estrema forza. Nei due casi esemplari c’è un valore aggiunto, una condivisa volontà di far incontrare mondo naturale e soprannaturale, realtà e mistero, arte dell’uomo e della divinità. Estremamente moderni Dante e Giovanni Pisano, fedeli ai canoni iconografici del loro tempo ed insieme desiderosi di rivendicare la dignità dell’essere umano, con la sua fisicità, condizionato dal tempo, ma anche, grazie ad esso, nutrito di varietà, di cambiamento, di trasformazione, di spinta verso l’altro e l’altrove. Animati dalla Curiositas, entrambi, desiderosi di orizzonti da varcare, per mettersi alla prova, per dimostrare di non voler rinunciare a cammini mai intrapresi.

“… non vogliate negar l’esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente…
Fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”

Inferno XXVI, vv. 116-120


Udine, 15 aprile 2020



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