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"Dantedì" giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri - Dialoghi al femminile : Personaggi femminili della Divina Commedia

giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri




Dialoghi al femminile



  • Personaggi femminili della Divina Commedia

“Vago già di cercar dentro e dintorno”

Purgatorio XXVIII v.1

 

Virginia Valzano Biliotti (presentatrice)

In questo anno 2020, è stata sentita l’esigenza e poi condivisa la decisione, da parte di alcune Istituzioni, di decretare un giorno dedicato a Dante, il Dantedì, individuato nel giorno 25 marzo, data nella quale, secondo gli studiosi, il Poeta dette inizio al suo viaggio ultraterreno.

La proposta, avanzata dallo scrittore e giornalista Paolo Di Stefano, in vista del settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri (1265 – 1321), è stata immediatamente sostenuta dal Presidente onorario dell’Accademia della Crusca, Francesco Sabatini, che ha coniato il termine “Dantedì”, ed è stata accolta con entusiasmo da molte realtà culturali del paese e dal Ministro per i Beni e le attività culturali, Dario Franceschini.

Il 17 gennaio 2020, il Consiglio dei Ministri ha così approvato l'istituzione della giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri, una giornata che in questa prima edizione, come ha detto lo stesso Ministro Franceschini, non potrà che essere esclusivamente digitale a causa dell’emergenza “coronavirus”.

Dante è l’unico nostro classico delle cui pagine la lettura avviene in molte occasioni in pubblico, a partire dalla metà del 1300: saranno in molti a ricordare che in quel periodo, il Comune di Firenze affidò a Giovanni Boccaccio l’incarico di leggere ad alta voce i canti del poema, iniziativa accolta con gratitudine dai Fiorentini. Purtroppo, le condizioni di salute non permisero all’illustre lettore di andare oltre il canto XVII dell’Inferno, ma, intanto la scintilla dell’amore per Dante era scoccata.

Già d’allora, i motivi della passione per Dante, il desiderio di leggere ed ascoltare i suoi versi, d’impararli a memoria e di studiare la Divina Commedia sono sempre stati numerosi e diversi.

Ma, uno ne costituisce il fattore trainante e noi in questa occasione, possiamo continuare a condividerlo.

La ragione universalmente riconosciuta della sua grandezza sta nel fatto che Dante riesce a toccare le sorgenti più profonde delle nostre emozioni con la sua fantasia visionaria, con la sua energia documentaria e con l’appassionata forza dell’amore.

Il suo “ardor del desiderio” esige, ottenendola, simpatia, nel senso etimologico del termine, condivisione del pathos, dell’amore: per la donna, per i suoi amici, per la politica, per la natura, per gli animali, per le pietre preziose, per il paesaggio, per la musica...

L’incontro di oggi è dedicato ad alcune figure femminili, presenti nella Divina Commedia.

Gli studiosi ne hanno individuate 140. Sono numerosi i testi che ne presentano le figure più emblematiche.

La relatrice, professoressa Gabriella Sartor Zanzotto, parlerà di tre di loro, a cui siamo approdate con una scelta condivisa e non certamente facile: anche solamente un nome citato può suggerire considerazioni ricche di significati e suscitare emozioni.


Gabriella Sartor Zanzotto (relatrice)

Il verso, scelto come sottotitolo di questo nostro incontro con Dante, è il primo del canto XXVIII del Purgatorio. Il poeta, giunto in un paesaggio del tutto nuovo, è “vago”, è desideroso di ulteriori conoscenze, è pronto per nuove suggestioni, preso dalla curiosità di esplorare in profondità ed in ampiezza il luogo in cui si viene a trovare, al termine della salita, dove gli compare lo scenario del Paradiso Terrestre. Gli preme confidarci il suo desiderio di esplorare quel luogo boschivo, vuole informare noi lettori del suo stato d’animo. Ma, noi lo sappiamo com’è Dante, ci ha abituati alla sua curiositas, in ogni contesto, davanti ad ogni personaggio e le parole del verso citato hanno lo spessore di un’epigrafe: con la loro brevità, Dante ci comunica (forse, ci invita, ci raccomanda?) la bellezza della scoperta e la gioia del desiderio di conoscere.

Noi lettori ne riceviamo l’incoraggiamento  a dare un senso alla vita attraverso la conoscenza, quella fatta con il cuore e mossi dall’Amore, sentimento che accomuna le tre figure femminili, su cui ci soffermeremo.

Il luogo a cui è giunto è “la divina foresta spessa e viva” del Paradiso Terrestre. Alla fine del canto precedente, dichiarando conclusa la sua missione, Virgilio con una formula di grande solennità lo ha proclamato  signore delle proprie azioni:

 

"Non aspettar mio dir più né mio cenno;
libero, dritto e sano è tuo arbitrio,
e fallo fora non fare a suo senno:
perch’io te sovra te corono e mitrio”

Purgatorio XXVII vv. 139-142

 

Per la prima volta, l’allievo non segue il Maestro, ma lo precede, è lui stesso che dirige i suoi passi verso l’Eden.

Qui, avviene l’incontro con una donna, la prima delle tre che abbiamo scelto, Matelda.

L'incontro di Dante con le altre due donne sarà nel Paradiso celeste: Piccarda e Cunizza da Romano.

Il filo conduttore è l’Amore, nelle forme straordinarie in cui esso sceglie di manifestarsi.

La prima si presenta come una stupenda miniatura della figura femminile, delicata, gentile, bellissima, in un luogo in perfetta sintonia con la sua grazia:

 

“e là m’apparve…
una donna sola soletta che si gia
e cantando e scegliendo fior da fiore
ond’era pinta tutta sua via”

Purgatorio Canto XXVIII vv.39-42


Ha una funzione allegorica: rappresenta la condizione umana antecedente al peccato originale e la condizione di vita felice, ancora raggiungibile sulla terra da tutti coloro che scelgono di amare, abbandonando azioni negative ed assumendo, valorizzandoli, comportamenti virtuosi.

Ma, ne ha un’ulteriore: offre a Dante il ricordo di un esemplare di femminilità cercata, accolta ed espressa durante tutta sua esperienza poetica giovanile.

L’andatura lieve, quasi senza sfiorare il prato fiorito, la voce soave nel cantare, il gesto delicato nel cogliere i fiori in quel luogo boschivo, così diverso dalla selva aspra e forte della fase iniziale del suo viaggio, richiamano i canoni di bellezza della donna lodata ed amata dai poeti del DOLCE STIL NOVO, una delle principali tendenze poetiche della seconda metà del Duecento, di cui Dante stesso si fa dichiarare capostipite da un poeta suo amico.

Al centro di quel movimento artistico: il tema dell’Amore, amore inteso come un momento di esperienza totalizzante, nella quale l’uomo tende ad un’elevazione etica ed il poeta diventa più consapevole delle sue responsabilità artistiche, chiamato ad un linguaggio amoroso non stereotipato, anzi, fedele ai sentimenti provati.

A Dante torna in mente il suo ideale di donna da amare e da lodare, ora che ha incontrato una creatura delle più dolci e rasserenanti, la cui manifesta felicità gli suggerisce un’emozione: è lieta, danza, coglie i fiori e canta come una donna innamorata:

 

“Cantando come donna innamorata”

Purgatorio Canto XXIX v.1

 

Così, in questo luogo incantevole, dove da lei sarà sottoposto ai riti catartici, gli si riaffaccia un pensiero, quello che lo accompagna dagli anni delle sue prime esperienze d’amore: il sentimento d’amore fatalmente è suscitato da una donna di animo nobile e contribuisce a migliorare chi lo prova, poiché lo avvia verso un’evoluzione, un innalzamento morale e spirituale, gli fa sentire un’esigenza profonda di dare un senso più alto alle proprie azioni ed il meglio di sé.

C’è una scena in cui la donna, di cui poi sapremo il nome Matelda (nel canto XXXIII al v.119), immerge Dante nel fiume Letè, acque che tolgono la memoria del male, come in un nuovo Battesimo, fino alla gola e gli fa sfiorare la superficie con delicata leggerezza, confermando in questa occasione le proprie qualità di premura e di gentilezza femminili.

L’ultimo rito sarà quello dell’immersione nell’Eunoè, acque che rinforzano il ricordo del bene, per il definitivo compimento della sua purificazione: anch’esso sarà affrontato da Dante nelle braccia delicate di Matelda. Vediamo chi è Matelda.

Per quanto riguarda l’identità storica di questa prima figura femminile, gli interpreti antichi concordavano nel riconoscervi la contessa Matilde di Canossa (1046-1115), altri restano perplessi di fronte a questa identificazione, poiché era vista come sostenitrice del Papato ed ostile all’Impero, al quale Dante, invece, pensava, con speranza. L’ipotesi più suggestiva è quella di riconoscervi “una delle amate subalterne di Dante”, “la donna gentile” della VITA NOVA, opera giovanile di Dante, avente come tema quello dell’amore.

Già in quell’opera, la donna è idealizzata ed ha un ruolo simbolico: qui, l’idealizzazione va anche oltre, data la funzione che le viene assegnata di compiere i due riti purificatori ed avviare il pellegrino verso Beatrice e quindi verso il Paradiso Celeste.

 

Sonia Biliotti Zanzotto (interlocutrice)

Matelda rimane, qualunque sia l’attribuzione assegnata dagli studiosi, una delle figure femminili, descritte da Dante, di maggior fascino. E' dotata di bellezza esteriore ed interiore: il volto, lo sguardo, la voce e i gesti sono tracce delle sue qualità e della sua bontà. Delicata e gentile, accoglie chi arriva in quel luogo, lo aiuta a dimenticare le esperienze negative ed a rinverdire quelle positive, affiancandosi a lui nel proseguire il cammino.

 

Gabriella Sartor Zanzotto

Gli dà felicità, ma, gli fa anche capire che non basta raggiungere la felicità terrena: va cercato un senso più alto alla vita: il cammino deve proseguire. Ci sarà Beatrice con lui.

Qui, Dante si è trovato in uno scenario non più di pena: lasciati i dannati e le anime del Purgatorio, ha già assaporato, grazie a questo incontro, la luce, il canto e la felicità, la gentilezza e la gioia di riconoscere il senso delle proprie azioni, tutti doni veicolati da quella "bella donna”.

Ci avviamo, ora, verso la seconda figura femminile: Piccarda Donati.

Nel primo cielo del Paradiso, quello della Luna, Dante fa l’incontro con lei. La sua presenza lì gli era già stata annunciata, nel girone dei golosi, dall’amico e fratello di lei, Forese Donati, (suo compagno in gioventù, anch’egli poeta, con il quale si era scambiato una serie di sonetti, la famosa La tenzone, dal tema giocoso):

 

“La mia sorella, che tra bella e buona
non so qual fosse più, triunfa lieta
ne l’alto Olimpo già di sua corona”

Purgatorio Canto XXIV vv.13-15

 

Già in quell’occasione, a Dante era stata presentata per mezzo di due aggettivi che radunano in sé bellezza e bontà. Qui, questa delicata figura femminile si arricchisce delle prerogative delle anime del Paradiso, doni preziosi anche nella vita terrena: lo sguardo accogliente, la disponibilità al dialogo, il regalo reciproco di un colloquio sereno, la distanza psicologica dal male ricevuto, il sorriso sereno e la luce, intensa, chiara, che esalta la bellezza di ogni incontro fra le persone.

A Dante preme avere spiegazioni riguardo ai diversi gradi di beatitudine e conoscere la sua storia. Fin dalle prime parole di lei, emerge un percorso personale, una sorta di rivisitazione delle proprie scelte terrene, di cui il silenzio e la solitudine erano i dati salienti di allora: ad essi si è affiancata, prendendo sempre più corpo, la gioia di aprirsi e di espandersi nell’amore.

La Piccarda del Paradiso non si presenta con il nome Costanza, con cui aveva scelto di vivere nella “dolce chiostra”, desiderosa di “fuggire dal mondo”. Ora, il suo nome è Piccarda, una donna che mostra nell’espressione un desiderio di colloquio maggiore alle altre anime, una donna che ama ricordare la bellezza del suo corpo e che prova una delicata sorpresa per non essere stata riconosciuta. Ma, soprattutto ci tiene a mostrarsi lieta dell’incontro, per questo, lo invita a fare domande: lo assicura che la sua carità, il suo amore, insomma, “non serra porte a giusta voglia”, a desideri legittimi, quindi, che non esiti a parlare con lei.

 

Elisa Biliotti (interlocutrice)

Fin dall’inizio, Piccarda è sorridente, è felice di accogliere quel pellegrino in viaggio, che viene da un percorso drammatico, attraverso i gironi dell’Inferno, e di grande fatica nella salita dei gradoni del Purgatorio. Ha capito dalla sua espressione che ha bisogno di spiegazioni. Le piace togliergli dubbi e soddisfare la sua curiosità. Viene descritta piena della gioia che prova una donna innamorata:



“Con quelle altr’ombre pria sorrise un poco;
da indi mi rispose tanto lieta
ch’arder parea d’amor nel primo foco:”

Paradiso Canto III vv. 67-69

 

Gabriella Sartor Zanzotto

Dante la ascolta mentre gli dice che ogni anima è lieta della condizione voluta da Dio e poi quando, con estremo pudore, rievoca il rapimento dal convento delle Clarisse, dove aveva scelto di vivere in preghiera:

 

“uomini poi a mal più ch’a bene usi
fuor mi rapiron de la dolce chiostra:
Iddio si sa qual poi mia vita fusi.”

Paradiso Canto III vv. 107-109

 

E’ una donna sottratta alle sue scelte con violenza, rapita per ordine del fratello Corso ed obbligata per motivi estranei alla sua storia a sposarsi, costretta a violare così il voto promesso. Molto giovane, aveva sentito il bisogno di quiete, di raccoglimento in preghiera, per questo, aveva scelto la vita monastica, dove aveva cercato e trovato il suo equilibrio. Il velo che le è stato strappato dalla violenza degli uomini, lei è riuscito a mantenerlo nel cuore, per cui il ricordo della violenza, pur non cancellato del tutto  dalle acque del Letè, non le toglie  serenità: in quel cielo ha recuperato la pace e la sicurezza che le furono rubate. In lei non c’è acredine, ma una lieve malinconia, suscitata da un ricordo fievole delle esperienze terrene.

La terza donna è Cunizza da Romano, che si trova nel cielo di Venere, fra le anime che vissero sotto l’influsso del “bel pianeta che d’amar conforta.” La scelta di collocare in Paradiso una donna, di cui alcuni enumerano matrimoni ed amori, è stata oggetto di critica fin dai tempi di Dante, ma, già alcuni critici, fra cui l’Ottimo e Jacopo della Lana, parlavano di lei come di una donna onesta:


“D’una radice nacqui…
Cunizza fui chiamata, e qui refulgo
perché mi vinse il lume d’esta stella.
Ma lietamente a me medesma indulgo
la cagion di mia sorte, e non mi noia”

Paradiso Canto IX vv. 31-35

 

Dante le fa dire di aver subìto in vita gli influssi del pianeta Venere, che stimolano all’amore sensuale, ma che ora non la addolora più il ricordo di quegli amori e comprende la giustizia che l’ha collocata in un cielo ancora lontano dalla rosa dei Beati.

Continuano le perplessità di fronte al suo posto in Paradiso!

Altre ipotesi sono state fatte nel tempo. Ci pare interessante citare quella del poeta Ugo Foscolo, il quale aveva ragionato sul fatto che Dante poteva essersi soffermato su un’erede dei Da Romano, Signori della Marca trevigiana, perché aveva bisogno di una donna di quella stirpe di violenti, per farle scagliare un’invettiva in cui denunciare i gravi conflitti fra i ghibellini ed i guelfi, che avvenivano in quella zona nord orientale della penisola: una delle invettive politiche più veementi della Divina Commedia, rivolta a tutti gli abitanti della Marca Trevigiana, descritti come prepotenti e corrotti.

 

Virginia Valzano Biliotti

Le parole ferme, chiare, schiette con cui fa esprimere Cunizza, ci permettono subito di capire che Dante ci vuole far conoscere una nuova tipologia femminile, metterci di fronte ad una donna, in grado di comprendere la situazione politica a lei contemporanea, relativa ad un contesto familiare molto stretto e d’individuare nella superbia dei Signori e nella decadenza della Chiesa “le faville” delle rivalità. Ma, la vuol mostrare, anche, capace di prendere posizioni e di volerle esprimere, motivandole.

 

Gabriella Sartor Zanzotto

Alcuni studiosi giustificano la collocazione di Cunizza da Romano in Paradiso, riflettendo sulla scelta da cui far partire l’invettiva: in quel luogo di giustizia non poteva essere espresso un giudizio parziale e di vuota polemica. Le parole di accusa acquistano uno spessore di indiscussa veridicità, proprio perché pronunciate in Paradiso; si tratta di un’importante invettiva, che andava scagliata contro una parte della penisola, della quale nessuno aveva ancora parlato.

A Dante  premeva sottolineare, attraverso l’intervento di Cunizza, analoghe piaghe anche in quelle terre rimaste fino ad ora fuori dalle denunce; i fratelli di lei erano troppo scomunicati per avere il compito di pronunciare giudizi attendibili.

Altri, con i quali è facile concordare, leggono, nella scelta da parte di Dante, la volontà di offrire una tipologia di figura femminile che non esita ad ascoltare  il richiamo dell’Amore. Ai contemporanei era conosciuta per i suoi  mariti, fra cui il poeta Sordello, ed i numerosi amanti, ma si diceva anche che, stabilitasi a Firenze, negli anni della sua maturità , aveva cominciato a dedicarsi con generosità ed amore ad opere di bene, mostrando un sincero pentimento delle sue scelte precedenti.

Ci piace ricordare anche il parere di Benedetto Croce, secondo il quale, Dante aveva voluto dare un tributo ad una donna, di cui aveva sentito lodare la signorilità, il fascino e la bellezza.

Altri critici autorevoli, fra cui Manfredi Porena, sostengono che la scelta di Dante può essere stata mossa dalla volontà di ribadire le illimitate possibilità  di ogni peccatore di riscattarsi, con un sincero pentimento, com’era dimostrato da Cunizza. Del resto, non c’è da meravigliarsi, se pensiamo al destino che Dante ha riservato a due grandi peccatori: Manfredi e Bonconte, a cui è destinato il Paradiso, dopo un periodo nel Purgatorio, nonostante le ripetuta scomuniche della Chiesa, grazie al loro profondo e sincero pentimento.

Per la presenza di Cunizza in Paradiso, alle ragioni viste fino ad ora, se ne può aggiungere un’altra: nella salvezza di questa donna si può leggere anche una critica da parte di Dante al rigore eccessivo della Chiesa, troppo spesso portata  alla facile scomunica inferta dai Pontefici, così lontani con le loro spietate condanne dalla misericordia di Dio.

Vi può essere individuato, quindi, un pensiero rassicurante sulla grande apertura del Vangelo.

Non è da escludere che, con una scelta di estremo coraggio e precorrendo i tempi, attraverso la storia di questa donna, Dante abbia inteso portare l’attenzione sulla riflessione personale delle scelte, sulle conseguenze che esse possono comportare, sulla scoperta dei propri errori e sulla possibilità di salvarsi, pentendosi dei peccati.

Quale via, secondo Dante, era da percorrere, perché un peccatore potesse sperare nel Paradiso? Attraverso la  centralità del rapporto diretto, senza la mediazione di un Clero rigido, attraverso un colloquio tra l’individuo e Dio. Dante vuol ribadire che Cunizza da Romano si è salvata per essersi rivolta al Giudice Celeste, per essere perdonata delle sue colpe. Grande Dante. Moderno, precursore di dibattiti teologici avvenuti secoli dopo. Ma, lui è ancora nel Trecento!

 

Virginia Valzano Biliotti

Abbiamo ascoltato terzine dantesche declinate al femminile: Matelda, Piccarda e Cunizza da Romano, con i celebri ritratti che Dante ne ha fatto, nel suo cammino dal Paradiso Terrestre al Paradiso Celeste. Modelli straordinari che coniugano lirismo poetico e presenza tenace di vicende storiche. Tutte e tre sono pietre miliari per capire Dante. Perché?


Gabriella Sartor Zanzotto

Il motivo sta nel fatto che, insieme, testimoniano la concezione che Dante ha della donna, a cui riconosce anzitutto il ruolo di testimone dell’Amore. I suoi incontri con le figure femminili in questo suo viaggio, i dialoghi che ha con loro, il rapporto ancora presente con la vita terrena, il ricordo di essa diventano occasioni preziose per riflettere sulle scelte, sulla funzione che vogliamo avere nella vita, sul senso da dare alle nostre azioni.

Noi, oggi, potremmo dire che sono esempi con le modalità più diverse in cui il primo motore di tutto viene assegnato all’Amore.

 

Virginia Valzano Biliotti

L’Amore delle donne, il rispetto e l’ammirazione per la loro bellezza interiore ed esteriore trionfano nella Divina Commedia, un messaggio di Dante all’umanità intera, che ci affascina ed emoziona, ancor più in un momento di grande riflessione sulla violenza di genere, un gravissimo problema sociale che non conosce confini geografici e culturali.

Con l’augurio che possiamo presto abbracciarci e proseguire i nostri “Dialoghi al femminile” anche direttamente di persona, riassaporando insieme la lucentezza del cielo stellato sopra i nostri occhi, chiudiamo questo nostro primo incontro virtuale, su Dantedì con il bellissimo verso:

 

"E quindi uscimmo a riveder le stelle.”

Inferno Canto XXXIV v. 139

 

 

Lecce, Udine, Roma, Bristol,  25 marzo 2020

Virginia Valzano Biliotti, Gabriella Sartor Zanzotto, Sonia Biliotti Zanzotto, Elisa Biliotti

Unite idealmente in Italia e nel mondo nel nome di Dante

E quindi uscimmo a riveder le stelle. (Inferno, Canto XXXIV, v. 139)

 

 

Immagini Dantesche